RICARDO ALEODOR VENTURI
Ricardo Aleodor Venturi è nato a Pesaro (PU) nel 1994. Dopo il diploma alla Scuola del Libro di Urbino, sezione incisione, si laurea all’Accademia di Belle Arti della medesima città, nella sezione pittura con il massimo dei voti, nel corso di Luigi Carboni.
Frequenta la PXL – Mad ad Hasselt, Belgio,nella cattedra di Koen Van Den Broken. Ha partecipato concorsi e mostre collettive nazionali e internazionali tra cui Premio EneganArt, Premio Arte, Premio Nocivelli, Premio Combat, Premio Arteam Cup, Premio Lynx, Malamegi Lab.14, vincendo numerosi premi e riconoscimenti.
Selezionato dal Premio Marchionni per Verba Volant Scripta Manet; ha partecipato alla residenza d’artista V_AIR 2017, Museo MUST. Nel 2018 ha organizzato e partecipato a L’ABITANTE (Pesaro), una mostra realizzata a L’at- tico. Nel 2020 iniziano le prime mostre personali tra cui M-are non cerca M-ere, ma M-ire a cura di Flavia Motolese, Satura Art Gallery, Palazzo Stella, Genova (GE). Nel 2021 ha realizzato il progetto Il visitatore in collaborazione con musei e galleria del territorio nazionale.
DESCRIZIONE OPERA
M-are non cerca M-ere, ma M-ire (installazione dimensioni variabili)
Il titolo di questa opera riporta nella mente dello spettatore a un mondo infantile, fatto di filastrocche e fiabe, ma anche di grammatica e di studio. Questo lavoro nasce proprio da questa dimensione libera, naturale e istintiva come un bambino che si approccia al mondo e nel medesimo tempo lo analizza, lo assorbe, si mescola con esso, cercando sempre più obbiettivi e trasformandosi quotidianamente.
Il Mare non cerca Mere1 (purezza, semplicità, qualcosa di non mescolato), ma cerca Mire (obbiettivi, scopi, disegni, aspirazioni, intenzioni).
Quest’opera proprio come una filastrocca o un’onda che sta per scagliarsi verso lo spettatore cerca di riportare a un mondo che stiamo perdendo, più selvaggio, ma anche più naturale, una dimensione originaria che l’uomo attraverso le sue manipolazioni e interventi sta per cancellare.
La sensazione è quella di entrare in una stanza e ritrovarsi al centro del mare, dove la linea dell’orizzonte è data da un’onda agitata e che sembra catturare l’attenzione e il punto di vista dello spettatore.
L’unico punto o via di uscita è proprio il dipinto mentre l’installazione sembra far perdere, fisicamente e metaforicamente, la propria linea dell’orizzonte, segnalata solitamente in modo ordinato proprio dalle bandierine di questi segnali per le nasse.
Passeggiare tra questi delicati equilibri quasi in punta di piedi per paura di toccare qualche oggetto e rovinare un opera d’arte. Rallentare il tempo e camminare quasi fossimo sott’acqua. Siamo in apnea in un caos ordinato, sospeso, senza alcun riferimento preciso se non la certezza dell’acqua e dell’essere in qualche modo in un tempo fisico e mentale diverso.
Nuotare nel fondale.
Mare verde vescica.
Spuma giallo di Napoli.
Le siringhe trovate e utilizzate per realizzare il dipinto si pongono su una base in plexiglass, un non-altare o forse un “ombra invisibile” che prende le stesse dimensioni del dipinto a esaltazione di una tecnica che diventa riflessione e concetto dell’opera stessa.
Oggetti creati dall’artista o dal mare? È proprio questa la domanda che vuole porre l’artista, sottolineando la sottile intesa tra opera trovata e opera realizzata.
Troviamo una contaminazione nel momento in cui lasciamo vivere degli oggetti all’interno del mare. Questa contaminazione avviene anche quando l’uomo è dentro di esso. La stessa sensazione che si potrebbe provare essendo fisicamente in una piscina al coperto, ma con un pensiero rivolto alla spiaggia.
Pensieri contaminati.
Oggetti mutati.
1.Mere: parola spesso utilizzata da Giacomo Leopardi associata ad altri termini poetici, come per esempio: “Mere illusioni” o “Mere speranze”.